Ora c'è solo
qualche detrito che testimoni
questi miei
ricordi intatti,
qualche
frammento, Aléxie,
niente di
più, tre cuori,
- il numero
perfetto -, dicevi.
Tre cuori
Aléxie, come per saldare
i punti più
a rischio di un Amore impossibile.
Tre cuori,
Aléxie, la perfezione.
Io ho voluto
donartelo, il mio cuore.
Con la
finezza di un chirurgo,
di un
artigiano con il suo cesello,
tu ci hai
inciso sopra la tua iniziale.
Tre solchi
netti, Aléxie. La perfezione.
Poi l'hai
cullato fra le tue braccia,
come si fa
con un bambino
appena nato,
ignaro ancora di tutto.
Tu mi hai
amato, Aléxie? Di questo amore
ritrovo solo
dei calcinacci sparsi,
come il
relitto di una costruzione
rimasta a
metà,
per qualche
oscuro difetto di progettazione,
per dei
costi di gestione troppo alti anche solo da prevedere.
Quell'edificio,
Aléxie,
si erge ora
solo,
sferzato dal
vento
dell'Indifferenza,
come un
grande mostro,
un monito
alla disillusione.
Aléxie, tu
mi hai amato?
Nei giorni
più freddi
abbiamo
consumato il nostro dolce amore
come fosse
un disco,
che potesse
ripetersi infinito.
Ma era
amore?
Era davvero,
quel tre perfetto, la perfezione?
Io non ti ho
amato, Aléxie.
Ma ho amato
il sogno
di poterti
amare,
un giorno...
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