domenica 16 settembre 2012

E rimanemmo così

E rimanemmo così
come sgonfiati
nei nostri abiti torbidi
di ebbrezze trascorse,
con sguardi
spezzati
tra cocci sparsi
qua e là senza criterio
sul fondo buio della vita.
Era la fine:
un fievole spasmo
di gioiosa irrequietezza
tremava sommesso nel cuore.

lunedì 10 settembre 2012

Note disperate: 1

Perché, perché, perché a me? Mi è bastata una tua foto per farmi tornare a battere il cuore a mille, e per chiudermi lo stomaco con lo stesso effetto di un pugno diretto in pancia. Sarà un tormento che durerà a vita? Se così fosse, speriamo che finisca tutto presto allora...
Chissà se là potrò almeno amarti ed essere allo stesso tempo felice?

martedì 27 marzo 2012

La vita, l'universo, tutto quanto.

Ci ho pensato molto negli ultimi tempi, mi chiedevo che senso avesse il Tutto, perché ci fosse l'Universo, cosa ci facessero tutti quei milioni, miliardi di umani brulicanti nel mondo a ridere e vivere senza affannarsi a scoprire cose troppo grandi per loro; che cosa fosse la Vita. Alla fine mi sono dato una risposta. No, non una risposta qualunque, ma - ho la presunzione di dirlo - La risposta: la migliore tra le molte possibili.
La vita, mi sono detto, è come il raggio di una circonferenza goniometrica. Tu sai per certo che il valore che possono assumere le sue proiezioni su un ipotetico se stesso posto a dati gradi di distanza è infinito, ma di quell'infinito che può comunque trovare spazio tra un minimo di meno uno e un massimo di uno. E' tutto più rassicurante così. Ma quando i numeri cominciano a diventare astronomici, quando anche i valori estremi cominciano a toccare l'infinito, beh allora senti di non avere più certezze, capisci? Non c'è più quel punto preciso in cui si arriva ai 90 gradi, e il valore della proiezione che ha raggiunto il suo massimo ad uno torna a scendere nuovamente. Non ci sono più confini nelle misure, e non c'è più il tranquillo moto oscillatorio della proiezione metafisica che si ripropone eterno nel suo scorrere silenzioso... Ci pensi un attimo, guardi il cielo notturno e ti ritrovi d'un tratto a distanze sovrumane anche solo dalla stella più vicina, quando anche la luce per raggiungerla ci impiega otto minuti, otto minuti viaggiando alla stratosferica velocità di trecentomila chilometri al secondo! E allora beh capisci che non sei nel posto giusto, che devi esserti spinto troppo in là con il pensiero in territori vietati alla mente umana, che forse ti trovi sulla circonferenza goniometrica sbagliata e che la linea su cui oscilli dev'essere il raggio di dio. Quando a penso a queste cose, mi sento collassare lo stomaco...
E' per questo che le persone, senza saperlo, sono portate a porsi dei limiti; il loro inconscio mette dei picchetti a uno e a meno uno e dice stop, più in là di così non puoi andare, la tua conoscenza sarà finita ma almeno vivrai felice. E così si creano il loro piccolo mondo di false certezze e falsi idoli, e si voltano altrove quando percepiscono l'immensità dell'infinito giacere loro accanto al di là dei confini, perché sanno che proverebbero le vertigini, un enorme senso di vertigini a guardarlo, e le vertigini non piacciono a nessuno...

domenica 26 febbraio 2012

La realtà delle visioni


Mi aveva scritto una persona che non sentivo da molto tempo, mai incontrata in realtà. Chiedeva se avessi voglia di incontrarci, per tentare in qualche modo di conoscerci per davvero; l'avevo già sentita in passato, ma i pochi tratti di lei che avevo potuto delinearmi nella mente non parevano attrarmi troppo, così per tutto questo tempo avevo finito per ignorarla non pensandoci più. Ora però mi aveva in qualche modo costretto alla risposta, ad una risposta che quantomeno moralmente le dovevo.

 

"Ciao! Eh hai ragione, anzi scusami se sembra che io ti abbia ignorato... Ho avuto abbastanza da fare, ma soprattutto ho avuto un po' di confusione mentale ultimamente XD Vedi la realtà è che mi sembra sempre tutto così squallido, quando si tratta di incontri pre-organizzati... mi sento come la coscienza sporca, non capisco bene perché... come se non fossi il vero io, quello che si reca all'appuntamento, ma un'ombra pallida di ciò che sono i miei vizi più turpi che emergono, e si impossessano del mio corpo e della mia vita contro la mia volontà. Sento come vergogna! Ma fosse davvero solo quello... Quello in fondo c'è sempre stato, anche le altre volte, e bene o male è una sensazione che ho sempre vinto, e poi con il tempo passava senza che nemmeno me ne accorgessi troppo... Forse è per il fatto che abbiamo delle conoscenze comuni, e questo mi spaventa un poco... Forse l'ingiusto pregiudizio di scoprirti una persona superficiale, che magari non potrebbe comprendere certe mie idee sul mondo... Come vedi ho ancora confusione mentale su molte cose, e non vorrei coinvolgerti o tanto più farti avere un'impressione sbagliata su di me incontrandoci... Però tengo valido l'invito! Se anche tu sarai ancora disponibile, in futuro, per incontrarci... : )"

 

Ero indeciso se premere Invio oppure cancellare tutto riformulando la risposta in termini molto meno complessi. Alla fine optai per la prima opzione. Molto probabilmente ho scritto queste cose più per la curiosità della sua reazione che per un reale interesse verso ciò che nei fatti sarebbe potuto poi seguire, come se volessi in qualche modo scandagliare la profondità che questa persona poteva raggiungere. Già mi immaginavo una scena di tutto ciò. Seduti al tavolino di un bar, la mia attenzione, dapprima distesa nella visione dell'intera sua figura, che si contraeva progressivamente nella contemplazione di un dettaglio... Una mano, la destra, così perfettamente contrapposta in modo ideale alla mia sinistra... I piccoli fori dei peli che crescevano radi sulle falangi delle dita, l'attaccatura arcuata e pallida delle unghie alla pelle, tutto così particolarmente realizzato nella mia rappresentazione; le venature nere di laidume tra le unghie e tra le morbide rughe delle nocche, testimoni della fatica che quelle mani compivano ogni giorno... E la mia mano scorreva delicatamente su di essa, in una carezza quasi più d'affetto verso la mia capacità di rappresentarmi quella mano così reale, che verso la mano stessa. Mi chiesi se davvero potesse capire, o se fosse una di quelle persone che ti prendono per pazzo quando dici che il mondo in realtà è dentro di noi, perché senza di noi non esisterebbe davvero.

All'improvviso mi venne in mente Vincenzo, con la sua suprema genuinità nel vivere la vita istintivamente, fornendo ai sensi tutto il piacere che riesca a dare loro, e la mano che stavo accarezzando d'un tratto era diventata la sua. Mi chiesi se fosse rimasto fermo a lungo, lui, in quella situazione, o se presto si sarebbe ritratto, annoiato dalla mia esteriore staticità. Nella visione il rumorìo continuo della gente nel bar era svanito, e con esso il bar stesso. Ci trovavamo in un salone dall'arredamento antico, e il battito costante di un orologio scandiva il susseguirsi dei secondi, come a rimproverarmi che stavo indugiando troppo, che la vita era lì e aspettava solo me per essere vissuta. Lo sguardo di Vincenzo si era fatto eccitato, da annoiato che era, e già non era più lui nella visione, ma stava svanendo lasciandomi completamente solo. Forse lui l'aveva scoperto, il segreto per congiungersi con il tutto. Ci avevo provato varie volte, io, a realizzare quest' estasi panica, e il desiderio era diventato particolarmente ossessionante da quando mi ero accostato alla poetica di D'Annunzio. Ma come diavolo faceva certa gente? Come riuscivano ad abbandonare completamente la loro essenza individuale, identificandosi in tutto e per tutto con l'universale che è dietro ogni apparenza? Mi venne in mente l'ipotesi che fosse tutta una grande menzogna, un semplice stratagemma letterario per poter creare della buona poesia servendosi di un'illusione. Eppure questa spiegazione mi sapeva molto di autoinganno, un tentativo disperato della mia mente per aggirare l'ostacolo che non riusciva ad attraversare...

Tornai con il pensiero al punto di partenza. Ero ancora in compagnia della prima persona, con la prima mano; questa volta, però, la accarezzavo in modo diverso, più consapevole del fatto che probabilmente nessuno sarebbe stato in grado di capirmi. E d'altra parte come sarebbe potuto succedere, se nemmeno io ci riuscivo? Improvvisamente mi sentii pugnalato al cervello da una confusione estrema. Pensai che sarebbe stato meglio provare a scriverne qualcosa, almeno per cercare di mettere un po' di ordine nella testa. Immaginavo fatti, nella mia mente, e nell'istante seguente ne immaginavo la loro scrittura. Stavo vivendo un'opera letteraria nell'atto stesso della sua creazione.

martedì 21 febbraio 2012

01.10

01.10 Una serie di 4 numeri, sufficiente a catturare per sempre un attimo preciso della vita di una persona. L'una e dieci. C'è chi soffre a quest'ora, chi si ritorce nel letto preda di qualche amaro rimorso per qualcosa che è stato, e che non è stato come avrebbe dovuto essere; c'è chi soffoca i pensieri nella squallida visione di un canale a luci rosse sulla rete regionale, e c'è chi ride per la battuta di un amico fatta all'aperto, distesi sopra la carrozzeria di un'auto sotto al cielo stellato. C'è chi si tormenta nella scelta difficile che potrebbe cambiare la sua vita, ma che ancora non rappresenta alcunché di certo. C'è chi, nell'attimo prima, fissava immoto la sveglia nell'attesa di un futuro che non vale la pena di essere vissuto. C'è chi scrive nel buio di una stanza, per i troppi pensieri che gli affollano la testa e premono per uscire, per cercare qualcosa o qualcuno in grado di dare loro un ordine razionale. C'è chi scrive di se stesso... per guadagnare tempo, per cercare una fonte di compassione nel pensare alla vita degli altri. L'una e 10 di un giorno speciale. Un giorno atteso da quasi due mesi, forse di più. Sicuramente dalla notte del 31 dicembre. Il dover scegliere se scriverti davvero oppure lasciar perdere mi sta lentamente consumando le facoltà mentali... se ti scrivo, cosa dovrei dirti? Qualcosa di freddo, stereotipato, per sancire in questo modo la nostra estraneità? Qualcosa di complesso, improbabile, per cercare di farti capire la mia confusione, o aiutarti nel realizzare il mio precario equilibrio mentale? Qualcosa di amichevole e caldo, come sorvolando il generale imbarazzo che permeava l'atmosfera del nostro ultimo incontro? Potrei non scriverti... sarebbe il taglio definitivo dell'ultimo ponte che finora è stato in grado di connetterci... si, sono forte nell'immaginare il futuro. Sono risoluto. Ma nel viverlo, poi...
Ti scrivo? Rispondimi, se puoi, se vuoi, se hai voglia, se riesci.
Sono sospeso tra un mare di rimorsi e uno di rimpianti. E non so nuotare.

Volo...

La vile sorte che schiera al mondo l'uomo,
l'amara sorte che ne trae d'impaccio il corpo,
l'amica sorte che conduce ver la morte...
ho imparato poche cose in questa vita...
quanto sia inutile fermarsi a macerare
nell'ipocrita pretesa di star bene...
quanto sia freddo il trovar del cuor le porte
sbarrate,
come fossero già accorte... già
ben edotte del male che nel mondo,
nell'universo regna, tra le stelle
fucine solo di sventura nuova
di rinnovata odiosa ingiusta vita...
tra i pianeti,
abbozzi spenti
di diabolici progetti...
tra il nulla e il nulla, 'ove la più dolce mia speranza 
è naufragata
soffocata dalle urla... il bimbo nella culla
non senti più gemere
per il male che lo assale...
Vuole l'artiglio di fuoco
afferrare nell'aria più chiara,
volare in alto, più su,
più su nella pace
infinita dell' eterea, statica calotta
blu del cielo...
Vuole di Maya
rompere il velo.

Ognuno è solo nel buio dell'universo

Ognuno è solo in questo cosmo. Fosse anche per la misera, vitale briciola di consolazione di saperci legati l'uno all'altro, in qualche modo simili nel vincolo che ci accomuna, sarebbe sempre una vasta solitudine per chi si scopre differente. Non c'è scampo a questo nodo che stringe ed opprime l'esofago, contratto nel suo spasmo disperato verso un'agognata quanto impossibile liberazione eterna... ognuno è solo nel buio dell'universo. E chi soffre per caso, lo fa per sempre... scopre poi che il dolore è diventato il suo amico più intimo. Soltanto la fine suprema della vita concede pace e speranza... ma la speranza, è mera presa in giro del destino?